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Italia - Artena - RM

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Il Lazio Arcaico

Il Lazio Arcaico

SUONI E STRUMENTI DEL LATIUM VETUS

a cura di Alessandro Mazziotti

 

La musica, alla quale sin dalle origini è stata data una connotazione magica e religiosa, ha da sempre costituito una delle fondamentali manifestazioni del modo di essere dell’uomo.   A differenza di quanto avviene per altre arti le testimonianze sulla musica sono estremamente frammentarie ed incomplete; le uniche informazioni in nostro possesso ci sono pervenute grazie a rappresentazioni iconografiche, reperti archeologici, testimonianze letterarie sulla musica della Grecia antica, della Roma imperiale, dell’Etruria e dell’antico Lazio Latino e di queste, nel tempo,  sono state fornite interpretazioni diverse. Infatti, malgrado ci siano pervenuti pochissimi strumenti musicali e trattati teorici di musica antica, molti sono i mosaici, i graffiti, gli affreschi ed i bassorilievi sopravvissuti all’usura del tempo che illustrano con dovizia di particolari i vari tipi di strumenti musicali dell’epoca e l’uso che ne veniva fatto nel quotidiano.

E’ proprio grazie a queste testimonianze che è stato possibile ricostruire alcuni strumenti, studiarne l’organologia, riprodurre il loro arcaico suono immaginando, con un po’ di fantasia, la musica suonata all’epoca.

L’unico modo per tentare di immaginare e riproporre gli antichi suoni e le melodie del tempo consiste nel cercare di intuirle, per quanto possibile, dalle testimonianze a noi pervenute, di percepire e rappresentare in suoni le immagini e gli scritti che gli uomini ed il tempo hanno preservato e tramandato fino ai giorni nostri.

Nella musica tradizionale attuale possiamo ritrovare molti strumenti utilizzati nell’antichità ma, cosa ben più importante, ritroviamo moltissime analogie e relazioni sui contesti di utilizzo e le funzioni sociali. Un’altra affinità tra la musica dell’antichità e la musica tradizionale odierna è che entrambe sono tramandate oralmente. Già dall’VIII secolo a.C., grazie agli scambi commerciali,  i popoli latini ebbero la possibilità di conoscere ed apprezzare la cultura greca, come provano i numerosi reperti archeologici a noi pervenuti. “…Con i Greci, con i Fenici, così come con gli Etruschi e le popolazioni italiche dell’interno, i Latini scambiarono nel commercio i prodotti derivati dalle coltivazioni e dall’allevamento specializzato : grano, olio, vino, lana, pellami, bestiame, legno, sale”. (Lorenzo Quilici Roma primitiva e le origini della civiltà laziale. Roma ’79).

La cultura greca penetrò nell’Italia centrale quanto quella Etrusca ed esercitò una influenza determinante sulla formazione delle istituzioni civili e religiose. L’area centrale italica, formata da Etruria, Lazio e Campania, costituì una regione sempre più attraente per le genti dell’Appennino (Equi, Ernici, Volsci) che conoscevano ed utilizzavano, da secoli, le pianure costiere del Tirreno per la transumanza di pecore e capre.

“Nel corso del III secolo a.C. si accentuò l’influenza della cultura greca nell’ambiente romano per i contatti sempre più frequenti che Roma stabilì con l’Italia meridionale soprattutto dopo la vittoria su Taranto e la prima guerra punica. Nel Lazio si svilupparono forme di canto rituale, monodico e corale, ma delle antiche forme musicali non è conservata nessuna testimonianza, né diretta né indiretta; ci rimangono solo alcuni frammenti di testi cantati e delle indicazioni abbastanza vaghe sui modi di esecuzione dei canti. Si trattava di carmi sacrali (Carmen Fratrum Arvalium, Carmen Saliare) che si facevano risalire al tempo dei primi re di Roma… …L’accompagnamento dei canti era affidato alle tibiae, il doppio aulos. Le didascalie delle commedie di Terenzio indicano per ciascuna di esse il particolare tipo di strumento impiegato: le tibiae pares di eguale lunghezza, le tibiae impares di diversa lunghezza, le tibiae sarranae o fenicie, auloi orientali; vi è pure citato il nome del tibicen, che era anche l’autore delle musiche.”*

Vi erano altri canti di argomento epico-storico (carmina convivalia) che solitamente erano accompagnati dal suono della tibia, canti in onore dei generali vittoriosi (carmina triumphalia), o lamentazioni funebri (neniae).

Gli spettacoli teatrali fino al IV secolo a.C. ebbero le caratteristiche proprie delle manifestazioni drammatiche di tutte le popolazioni primitive: la loro ricorrenza era determinata dal ritmo dei lavori agricoli, avevano motivazioni rituali e si fondavano sull’improvvisazione.

“Il canto e la danza accompagnavano le battute scherzose e spesso mordaci che gli attori scambiavano con gli spettatori (Fescennini); si rappresentavano anche farse paesane (Atellane) che lasciavano la più ampia libertà di improvvisazione ai protagonisti. Nel 364 a.C. furono istituiti in Roma ludi scenici per far cessare una pestilenza che affliggeva la città: attori etruschi (ludiones) danzarono accompagnati dal suono della tibia. Essi vennero imitati dai giovani romani, che aggiunsero alla danza un canto  in aritmicamente variato sull’aria intonata dal tibicine: furono denominati histriones da ister che presso gli Etruschi indicava il danzatore; le loro composizioni furono chiamate saturae. Questi generi di spettacolo improvvisato furono popolari in Roma fino alla metà del III secolo a.C. quando l’occupazione dell’Italia meridionale e della Sicilia, dopo la prima guerra punica, portò i Romani a contatto diretto e continuo con le manifestazioni teatrali dei Greci: alle forme tradizionali di spettacolo si sostituirono rappresentazioni di tragedie e commedie in latino, i cui schemi ed argomenti erano però ripresi dal repertorio classico greco, soprattutto da Euripide e dai poeti della Commedia nuova come Menandro, Difilo e Filemone […] Il repertorio teatrale greco era conosciuto in Italia soprattutto attraverso le rappresentazioni degli artisti dionisiaci, che avevano costituito compagnie anche nelle principali città della Magna Grecia, ma i loro copioni non rispettavano le strutture originali, sui quali essi intervenivano con tagli, trasposizioni, sostituzioni di interi passi con altri ripresi da opere diverse.” *

L’accompagnamento musicale alle rappresentazioni teatrali era eseguito con tibiae e fistulae di vario tipo e, poiché gli antichi non avevano una nota di base di riferimento per l’intonazione (il la di 440 Hz per la musica moderna) basarono la loro teoria musicale non sui suoni ma sugli intervalli tra i suoni stessi.

“In epoca imperiale affluirono a Roma un gran numero […] di artisti, musicisti, danzatori provenienti da tutte le parti dell’Impero (Grecia, Egitto, Siria, Spagna) […] che insieme con la massiccia immigrazione di provinciali e schiavi […] contaminarono profondamente la società, determinando un ambiente musicale molto composito. […] Come reazione a questo inquinamento […] alcuni imperatori tentarono di ridare lustro ai generi solistici di antica tradizione come la citarodia e la citaristica […] Nerone, allievo del greco Terpno, istituì agoni musicali (Neronia) e partecipò egli stesso a competizioni citarodiche in Italia e in Grecia (Suet., Nero 20 sgg.). […] a Napoli si esibì reclutando cinquemila plebei molto robusti perché lo sostenessero mentre cantava, non senza averli prima istruiti sui diversi tipi di applauso da eseguire; Vespasiano, per la riapertura del Teatro di Marcello, scritturò il tragodòs Apollinare e i citaredi Terno e Diodoro, ai quali pagò compensi molto elevati; Adriano, che si vantava della sua abilità di citarodo e di cantore favorì gli studi musicali […]; l’imperatore Carino organizzò nel 284 un concerto con cento suonatori di tromba, cento suonatori di corno e duecento tibicini (Vita Carini 19, 2, II p. 246 Hohl).”*

Altri imperatori amanti della musica furono Caligola, Commodo, Eliogabalo, Domiziano ed Alessandro Severo. Non deve stupire il fatto che molti strumenti musicali tradizionali tuttora in uso sono identici a strumenti del latium vetus ed anche il contesto nel quale sono utilizzati è il medesimo del tempo antico, ad esempio: Timpanum (Tamburello, tammorra) – Tibia (Ciaramella) – Tibiae (Doppia ciaramella) – Aulos (Clarinetto popolare, benas) – Aulos doppio (Launeddas, doppi clarinetti) – Fistula (Flauto) – Fistulae  (Doppio flauto) – Sirinx (Flauto di Pan, siringa) – Bucina (Corno animale, tofa – conchiglia) – Utriculus (Zampogne di vario tipo) – Rhombus (Rombo) – Cimbala (Piatti o cembali) Tintinnabulum (Campanelli vari, bubbole) – Crepitaculum (Traccole e varie) – Crotala (Castagnette di vario tipo e gnàcchere toscane).

Tra gli strumenti a corda, di varia forma e misura, erano utilizzati nell’antico Lazio, i più noti furono la Lyra, la Phorminx, la Cithara, il Barbiton, l’arpa e la Pandura.

 

*Giovanni Comotti. La musica nella cultura greca e romana. EDT, Torino 1991