TRA ORIENTE ED OCCIDENTE – IL TEATRO MUSICALE
A cura di Raffaele Palone
Se potessimo tracciare delle traiettorie nello spazio e nel tempo, apparirebbero delle spirali, delle linee concave o convesse, delle formazioni prismatiche.
La musica è forse questo: una continua suggestione, una continua osmosi fra popoli, culture, genti e viaggi, dolore , morte, gioia.
La musica ha percorso le navi, le carovane, i campi di battaglia, i fuochi accesi, i bivacchi, i templi e le chiese, il pastore solitario, i fiumi e le pianure; ha attraversato le montagne e i deserti, il dolore e la solitudine; si è fatta aria e acqua, rito e purificazione, ha disegnato note immaginarie nell’aria, ha salvato e perduto, ha redento e dannato.
L’uomo ha creato o scoperto un elemento volatile che si scolpisce nella struttura impalpabile della sua immaginazione; un procedimento apparentemente matematico, ma che scopriamo più psicologico che totalmente sensoriale.
E allora possiamo tentare di comprendere come subito dopo l’anno Mille o anche prima i commerci o le guerre verso oriente ( i mercanti o le crociate) possano aver avuto modo di conoscere e portare con sé, quale acquisto/scambio o preda di saccheggio, uno strumento affascinante e complesso come l’Ud (che in arabo potrebbe essere tradotto sinteticamente come “Il Legno”): progenitore dei liuti occidentali a manico corto che si svilupperanno con estrema rapidità in Occidente.
Esistevano comunque, liuti a manico lungo sviluppatisi in Egitto e in Mesopotamia, che per la stessa “osmosi” culturale diedero origine all’orientale “Saz” o all’occidentale Colascione.
Oppure, seguendo una diversa traiettoria, potremmo vedere lo stesso strumento in Andalusia nelle corti arabe nel territorio spagnolo conquistato e posseduto dai conquistatori arabi, sino alla riconquista definitiva da parte dei regnanti Iberici del XV secolo.
Aveva quattro corde in seta o budello ed il manico non aveva legacci che potessero dividerne la tastiera in semitoni o quarti di tono.
Resta il fatto che, a parte le traiettorie, lo strumento ebbe uno sviluppo velocissimo ed un altrettanto veloce “adattamento” alle esigenze musicali ed alla tessitura della musica colta e popolare dell’occidente cristiano.
L’ud si trasformò nel Liuto (in tedesco: Laute, in spagnolo: Alaude, in inglese: Lute, in francese: Luth; in italiano: Liuto), che abbiamo avuto modo di osservare in tanti dipinti medioevali e rinascimentali.
Dapprima a quattro corde o cori ( due corde accoppiate all’unisono o all’ottava) senza legacci sulla tastiera e poi con lo sviluppo delle sue capacità polifoniche, in pieno rinascimento, portò i suoi cori a sei, fungendo da strumento principe per i grandi polifonisti del periodo e per i nobili dilettanti, così come per l’alta borghesia mercantile o terriera.
Si compose per lui secondo il sistema dell’intavolatura, musica di straordinario livello e bellezza.
In Spagna invece, forse per ripudiare il precedente periodo storico di dominazione araba, si preferì al liuto uno strumento simile alla attuale chitarra, ma con un accordatura identica al liuto a sei cori: la Vihuela: Anche per essa vennero composte in intavolatura bellissime opere, da musicisti di indubbio livello come Luis Milan.
Lo potevano trovare (il liuto o la vihuela) nelle corti e nelle case dei mercanti; fra gli intellettuali ed il popolo.
Accompagnava agilmente le peregrinazioni dei trovatori e dei trovieri, così come, successivamente e nel pieno rinascimento “traduceva” polifonicamente le opere dei grandi polifonisti fiamminghi;e così via in una galoppata inarrestabile che attraversava velocemente musiche stili e che condivideva il percorso con strumenti a fiato, a corda ed a percussione.
Ma nei secoli successivi il liuto si trasforma, aumentando , nella tessitura bassa, i cori sino a quattordici, per esigenze musicali legale al suo utilizzo per accompagnare la voce dei contanti (la monodia accompagnata di Caccini ed altri) o per essere utilizzato per il basso continuo nelle opere o nei concerti; nei teatri come nelle chiese. Diviene così Tiorba o Arciliuto o Liuto Attiorbato.
Così come si trasforma, per esigenze pratiche legale alla necessità di una tessitura musicale più “acuta” in strumenti di piccola taglia quali le mandole o i mandolini (mandola romana barocca, mandolino milanese, mandolino napoletano e mandolino cremonese/bresciano).
Ed in questo teatro, visibile ed invisibile, in questo procedere inesorabile, lo vediamo ritratto ( da solo o con altri strumenti) in una moltitudine di situazioni tematiche, mitologiche o di carattere sacro.
La vihuela spagnola, chiamata in Italia “Viola da mano” per distinguerla dalla “Viola da braccio” che si suonava con l’archetto, forse si pose alla base dello sviluppo di strumenti quasi simili, almeno per la forma, come la chitarra alla spagnola (chitarra barocca a cinque cori) o la chitarra battente, o la attuale chitarra a sei corde; con tutte le derivazioni locali e territoriali (si pensi alla musica sudamericana ed al suo nutrito strumentario a corda).